2015/04/06

1970/04/06: Prologo e ritratti dell'equipaggio davanti alla rampa di lancio

Il 21 luglio 1969 Neil Armstrong e Buzz Aldrin (Apollo 11) avevano portato l'umanità sulla Luna per la prima volta, in diretta televisiva mondiale, in un trionfo mediatico e tecnologico senza pari.

A novembre dello stesso anno, l'America aveva fatto il bis con Pete Conrad e Alan Bean (Apollo 12), dimostrando che andare sulla Luna non era un'impresa unica ma poteva essere ripetuta.

Il guasto alla telecamera che avrebbe dovuto trasmettere a colori il secondo sbarco, regalando immagini più nitide di quelle sgranate e in bianco e nero di Apollo 11, aveva contribuito non poco allo scarso seguito di questa nuova avventura lunare.

La rapidità con la quale era subentrato il disincanto nell'opinione pubblica, dopo la frenesia entusiasta della corsa alla Luna, fu spiazzante. L'America aveva raggiunto lo scopo; era arrivata per prima sulla Luna; aveva dimostrato di essere il numero uno anche nello spazio. I rivali sovietici erano stati umiliati. Perché tornarci? C'erano problemi più pressanti: una guerra in Vietnam che stava andando malissimo e diventando sempre più impopolare e una rinnovata lotta alla povertà nel paese.

Ma Apollo 13 riuscì lo stesso a catalizzare di nuovo l'attenzione degli americani e del mondo intero: non per il suo obiettivo ardito (atterrare in una zona impervia della Luna, ben diversa dalle pianure agevoli dei voli precedenti e ricca di storia geologica antichissima), ma per il dramma che la colpì durante il viaggio verso la Luna.

La missione non era cominciata con i migliori auspici. Il numero 13 era considerato sfortunato (come lo è tuttora nella cultura anglosassone), e il fatto che il lancio fu posticipato dal 12 marzo all'11 aprile fece pensare a problemi con il veicolo (in realtà serviva per dare più tempo di addestramento all'equipaggio). Inevitabilmente qualcuno fece notare superstiziosamente che la nuova data faceva iniziare la missione Apollo 13 esattamente alle 13:13 (ora di Houston).

Ironicamente, l'allungamento del periodo di addestramento contribuì al primo grave problema di Apollo 13. Diede infatti all'equipaggio primario (Jim Lovell, 42 anni, che aveva già volato intorno alla Luna con Apollo 8 ed era stato nello spazio altre due volte con le missioni Gemini 7 e Gemini 12, e i due “novellini” Fred Haise, 36 anni, e Ken Mattingly, 34 anni) più tempo da trascorrere con le proprie famiglie. Di questo tempo di riposo extra beneficiò anche l'equipaggio di riserva, composto dal veterano John Young, già stato nello spazio con Gemini 3 e 10 e intorno alla Luna con Apollo 10, e da Charlie Duke e Jack Swigert, entrambi al loro primo volo spaziale. E qui successe il fattaccio.

Charlie Duke si prese la rosolia da Paul Hause, figlio di uno degli amici di Duke. L'equipaggio di riserva e quello primario lavoravano a stretto contatto reciproco, per cui c'era il pericolo che Duke contagiasse tutti gli astronauti assegnati alla missione.

Non sarebbe stato l'ultimo dei problemi di questo volo lunare. A insaputa di tutti, il serbatoio d'ossigeno numero 2 del modulo di comando ha un difetto devastante: l'isolamento in Teflon dei cavi d'alimentazione elettrica delle ventole di rimescolamento dell'ossigeno liquido è danneggiato. Quando le ventole verranno accese durante il volo, il danno causerà un corto circuito e un incendio.

Inizia da qui il racconto di quello che diventerà tra breve uno dei disastri di più grande successo della storia dell'esplorazione spaziale.


6 aprile 1970


Mancano cinque giorni al lancio. Lovell e Haise, dopo una serie di esami del sangue quotidiani, vengono dichiarati probabilmente immuni alla rosolia. L'immunità di Mattingly è incerta. Il periodo d'incubazione della rosolia (circa due settimane) implica il rischio che possa avere la crisi della malattia (vista offuscata, articolazioni gonfie) proprio durante il volo, in particolare quando sarà da solo a bordo mentre i colleghi sono sulla Luna.

Lovell ne discute direttamente con il direttore generale della NASA, Tom Paine: Mattingly ha dato tutto per questa missione e togliergli la Luna per un possibile rischio di rosolia sembra a Lovell un eccesso di prudenza, anche perché il picco della malattia arriverà probabilmente durante il viaggio di ritorno, che è la fase meno impegnativa del volo.

Paine non ne vuol sapere: sta lottando contro il Congresso, che vuole tagliare i fondi per tre missioni lunari e un errore di giudizio potrebbe essere fatale per il budget della NASA. Posticipare al 9 maggio, ossia alla prossima finestra di lancio disponibile, significa spendere circa 800.000 dollari in più per manutenzione e altre spese.

La decisione finale è ancora da prendere; intanto si scattano le foto ufficiali con l'equipaggio primario. Nelle foto di gruppo si nota molto la differenza fra le tute di Lovell e Haise e quella di Mattingly: quest'ultima non era predisposta per l'uso all'esterno del veicolo nello spazio (sulla Luna), perché Mattingly restava a bordo del modulo di comando mentre Haise e Lovell camminavano sulla Luna.


Da sinistra, Fred Haise, Jim Lovell e Ken Mattingly; sullo sfondo, il Saturn V di Apollo 13. Foto KSC-70PC-73.


Foto 70-H-621.


Jim Lovell. Foto KSC-70PC-70.


Fred Haise. Foto KSC-70PC-71.


Ken Mattingly. Foto KSC-70PC-72.